5/6 FEBBRAIO 2015 -MAREGGIATA A CESENATICO
La notte tra il 5 e il 6 febbraio, parzialmente preannunciato da previsioni meteorologiche piuttosto fosche, un vento fortissimo ha iniziato a spingere dal mare, accompagnato da fortissime piogge. Non vivo sul mare, casa mia è in mezzo ai campi a 5 minuti dalle spiagge estive e la mattina, nonostante da me ci fosse soltanto molta, molta acqua e qualche segno dello sconquasso portato dal vento a rimproverarmi della mia atavica pigrizia (i divanetti estivi, mai riposti in cantina, e ora mollemente accasciati nel fango del campo vicino...), ho subito pensato che sul mare la situazione probabilmente sarebbe stata peggiore. Così, prima di andare in ufficio, mi sono caricato la reflex in macchina e ho fatto un giro lungo la costa.
Siamo abituati a considerare il nostro Adriatico una piscina un po' cresciuta, un placido specchio che ci regala le vongole che allietano i nostri tagliolini. La vasca verdastra in cui cercare refrigerio nelle ormai rare giornate di canicola estiva. Una sorta di vecchio zio che forse non ci stupisce, ma che sappiamo ciò che può darci e che tutto sommato è sempre benevolo con noi.
Ecco, la mattina del 6 febbraio 2015, il vecchio zio si è mostrato col suo volto iracondo. Incapace di prestare ascolto a chi lo supplicava di tornare a essere ciò che è, per qualche terribile ora ha voluto ricordarci che non possiamo dare nulla per scontato e che non c'è niente di più fragile, di ciò che si fonda su un equilibrio.
Siamo abituati a considerare il nostro Adriatico una piscina un po' cresciuta, un placido specchio che ci regala le vongole che allietano i nostri tagliolini. La vasca verdastra in cui cercare refrigerio nelle ormai rare giornate di canicola estiva. Una sorta di vecchio zio che forse non ci stupisce, ma che sappiamo ciò che può darci e che tutto sommato è sempre benevolo con noi.
Ecco, la mattina del 6 febbraio 2015, il vecchio zio si è mostrato col suo volto iracondo. Incapace di prestare ascolto a chi lo supplicava di tornare a essere ciò che è, per qualche terribile ora ha voluto ricordarci che non possiamo dare nulla per scontato e che non c'è niente di più fragile, di ciò che si fonda su un equilibrio.
L'indomani è sabato. Non lavoro e sono solo, che la famiglia è in montagna a festeggiare il nonno. La pigrizia e l'indolenza mi blandiscono, ricordandomi che una simile occasione di riposo assoluto chissà quando mai mi ricapiterà. Ma decido di non ascoltarle. Ho visto ieri sera su FB le foto della devastazione al bagno Andrea, lo stabilimento balneare dove trascorro le mie estati e dove ho imparato ad apprezzare l'umanità e le qualità dei due fratelli che lo gestiscono e del magnifico team di ragazzi che li aiutano. So di dovere dare una mano. So di non poterla dare a tutti quelli che ne avrebbero bisogno. Ma in fondo, si tratta di fare la propria parte. Solo la propria parte. E così, mi dirigo verso gli stabilimenti balneari di Valverde.
Infine, dopo avere letto su fb qualche gigabyte di manifestazioni di solidarietà, vorrei condividere coi miei pochi lettori, qualche riflessione:
- viviamo in un mondo che si definisce social, ma se pensiamo che per essere sociali basta cliccare qualche "like" qua e là o ritwittare qualche corposo aforisma, forse abbiamo perso di vista il significato vero delle parole;
- essere sociali per me è vedere la sera su FB le foto della devastazione che la mareggiata ha prodotto all'interno dello stabilimento balneare nel quale, grazie all'ospitalità e alla bonomia di Antonio e Andrea ho trascorso un'estate splendida e pensare "caxxo, quei ragazzi hanno bisogno di una mano!";
- essere sociali è presentarsi al bagno Andrea e scoprire che prima di te, un ragazzo di Genova che vive da queste parti, si è offerto di dare una mano perché "sai, sono di Genova, e so cosa state passando...";
- essere sociali, alla faccia di tutti i razzismi, è vedere 20 neri che, armati di pale e sorrisi, fottendosene di chi non voleva i rifugiati a Cesenatico, arrivano al bagno e in 2 ore fanno 100 volte il lavoro che noi 4 sfigati abbiamo fatto in un giorno...
Ecco, io penso che questo sia essere sociali. E mi sarebbe piaciuto vedere più gente del posto venire a dare una mano, invece che passare in macchina piano piano per scattare qualche fotina da pubblicare all'istante su FB.
Con l'augurio a tutti quelli che soffrono e faticano, di rialzarsi più forti e orgogliosi di prima.
- viviamo in un mondo che si definisce social, ma se pensiamo che per essere sociali basta cliccare qualche "like" qua e là o ritwittare qualche corposo aforisma, forse abbiamo perso di vista il significato vero delle parole;
- essere sociali per me è vedere la sera su FB le foto della devastazione che la mareggiata ha prodotto all'interno dello stabilimento balneare nel quale, grazie all'ospitalità e alla bonomia di Antonio e Andrea ho trascorso un'estate splendida e pensare "caxxo, quei ragazzi hanno bisogno di una mano!";
- essere sociali è presentarsi al bagno Andrea e scoprire che prima di te, un ragazzo di Genova che vive da queste parti, si è offerto di dare una mano perché "sai, sono di Genova, e so cosa state passando...";
- essere sociali, alla faccia di tutti i razzismi, è vedere 20 neri che, armati di pale e sorrisi, fottendosene di chi non voleva i rifugiati a Cesenatico, arrivano al bagno e in 2 ore fanno 100 volte il lavoro che noi 4 sfigati abbiamo fatto in un giorno...
Ecco, io penso che questo sia essere sociali. E mi sarebbe piaciuto vedere più gente del posto venire a dare una mano, invece che passare in macchina piano piano per scattare qualche fotina da pubblicare all'istante su FB.
Con l'augurio a tutti quelli che soffrono e faticano, di rialzarsi più forti e orgogliosi di prima.